OPERE, TEMI, ARTISTI. COSTRUIAMO UNA MOSTRA VIRTUALE – Eugenio Montale, volto di Sebastiano Timpanaro, inchiostro, 1939, opera raccontata da Lucietta Di Paola Lo Castro
Museo della Grafica di Pisa (Palazzo Lanfranchi) 22 Giugno 2020Eugenio Montale, volto di Sebastiano Timpanaro, inchiostro, 1939
Quanto fosse stretto il legame di amicizia e altrettanto forte l’intesa intellettuale tra lo storico della scienza e collezionista d’arte Sebastiano Timpanaro sr e il poeta Eugenio Montale traspare dalla serie di ritratti, tra cui questo in esame, che l’autore delle Occasioni dedica al caro Seb, come affettuosamente chiama l’amico già fonte di ispirazione figurativa per artisti come Griselli, Marchig, Peyron e Rosai.
Si tratta di dodici disegni di piccole dimensioni tracciati a matita o ad inchiostro nero su foglietti o pezzetti di carta bianca o avorio che ritraggono il busto o il volto di Timpanaro in diverse pose (frontale, di profilo) e nelle espressioni più varie, fino ad una “musicale” intitolata “Variazione sul tema Timp.” Essi restituiscono lo spirito del personaggio e testimoniano l’assidua frequentazione di entrambi del Caffè delle Giubbe Rosse a Firenze, luogo di alchimia tra scienziati artisti e letterati e in cui Montale inizia per gioco l’attività artistica e diventa incisore di cinque acqueforti, forse su istigazione dello stesso Timpanaro. Raffaello Franchi in “Prospettive” del giugno 1937 così scrive: “Pochi sanno che Montale è anche incisore di acqueforti. Il merito di aver confortato questo suo nuovo “dadà” spetta a Sebastiano Timpanaro delizioso pedante che per principio prende tutto sul serio e seriamente risponde agli scherzi. Questo ostetrico delle acqueforti montaliane ama il disegno, la pittura ma specialmente l’incisione su zinco. Quando una sera al Caffè egli scoprì Montale intento a disegnare sopra un taccuino […] gli sentì dire che avrebbe voluto incidere i suoi disegni. Timpanaro non ebbe più pace. La sera dopo egli giunse al Caffè recando un bulino, una lastra di zinco: e Montale, felice e beato, si mise al lavoro”.
Significativa a me pare a tal fine la dedica che Montale gli fa nella sua prima prova d’incisione intitolata Dalla finestra del 7 luglio 1939: “A Timpanaro pronubo della mia prima acquaforte”. I suoi diciassette lavori fanno parte delle opere di grafica, nucleo fondante della Collezione Timpanaro, costituita da quasi un migliaio di preziosissimi fogli, frutto di sacrifici e ricerche, donata nel 1957 dalla moglie Maria Cardini e dal figlio Sebastiano junior al Gabinetto Disegni e Stampe dell’Università di Pisa, oggetto di reiterate esposizioni e pubblicazioni a partire dal 1964 fino alla mostra presso il Museo della Grafica del 2011, anno in cui la raccolta si è arricchita della xilografia del figlio realizzata da Stefano Cipolat.
Il ritratto qui presentato è di dimensioni ridotte (14,5×22); realizzato ad inchiostro nero su carta bianca raffigura Timpanaro con i capelli un po’ arruffati, i baffi cortissimi, un occhio un po’sghembo, la cravatta fuori posto. I lineamenti del viso, come pure la giacca e il panciotto, sono tracciati con una linea “decisa seppure ingenua” e affidati ad un segno grafico apparentemente scarno, essenziale. In realtà i tratti salienti della figura denotano una straordinaria abilità scrittoria che dà al soggetto una felice resa espressiva. Forse il ritratto nelle intenzioni dell’autore avrebbe dovuto riflettere la linearità e il rigore di condotta di Timpanaro che era “vissuto povero in uno stato di grazia” e la cui filantropia si traduceva in disponibilità disinteressata, rigore morale, coerenza, difesa della libertà.
Sulle qualità artistiche di Montale è lo stesso Timpanaro da critico e “sottile intenditore” d’arte ad esprimere giudizi nelle lettere a Luigi Bartolini a cui invia un “disegno scherzoso” del poeta. Il 22 novembre 1939 poi gli scrive:” Sai che Montale ha già inciso alcune lastre? Nelle acqueforti non ha nulla di ermetico”. Nella lettera successiva del 3 dicembre 1939 a Bartolini che critica Montale ribatte:” Il tuo giudizio su Montale acquafortista potrebbe magari essere accettato (del resto lo stesso Montale non crede di aver fatto dei capolavori), ma insomma Montale è un poeta e questo mi pare sufficiente. Il resto è secondario. All’acquaforte è andato spontaneamente, non per mio consiglio: e non si può escludere che finisca col fare qualche cosa bella anche in questo campo”. E poi l’8 dicembre gli precisa:” Montale è poeta proprio perché non è Jacopone, né Bartolini né altri. Le sue acqueforti sono, almeno per ora, un divertimento. E non era il caso di stroncare, tanto più che non lo conosci. Tu conosci la riproduzione di una, e la riproduzione non è l’originale”.
Il poeta di Ossi di Seppia, cosa singolare e inattesa, si cimenta anche nella pittura. E Timpanaro dà notizia di una sua mostra nel primo numero della rivista “Terraferma” del 1945: “Mercoledì 7 novembre, a Firenze, negli uffici del Mondo a Palazzo Corsini, pochi privilegiati hanno potuto vedere una novità: la mostra di E. M. Io contavo di studiare con agio i sei dipinti ma il giorno dopo trovai l’artista che mi disse: – La mostra è chiusa. Le mie mostre durano un solo giorno […]. I dipinti sono una marina e dei paesi. Colori d’altezza media, più acuti che bassi: note armoniose da baritono tenorile […]. La pennellata è larga, alla Cézanne o alla Morandi […] in una parola amici abbiamo un nuovo pittore”. L’episodio è confermato dallo stesso Montale (pseud. Eusebio) in una lettera a G. Contini (pseud. Trabucco) del dicembre 1945: “Timpanaro ha dedicato un articolo in ’Terraferma’ alla mostra (!!) delle mie pitture, secondo lui tenuta a Palazzo Corsini. Erano sei dipinti formato cartolina da me tolti da un involucro e mostrati segretamente a lui e a tre o quattro altre persone”.
Lucietta Di Paola Lo Castro
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Rivedi qui le opere pubblicate nelle settimane precedenti:
Tono Zancanaro, Paolo e Francesca (Inferno, V), litografia su cartoncino bianco, 1966
“I fichi di Dante” di Antonio Possenti, opera raccontata da Maria Cristina Cabani
Paolo Lapi, In campagna, acquaforte, 1979
Furio de Denaro, Autoritratto, bulino, 1985 – Autoritratto, bulino, 1992
Franco Anichini, Santa Maria della Spina, acquaforte, 2012
Almina Dovati Fusi, Sovrapposizione n. 2, acquaforte, opera raccontata da Lucia Tongiorgi Tomasi
Fabrizio Pizzanelli, Alla stazione di San Frediano, acquaforte, 1992
Félix Bracquemond, La Terrazza, acquaforte, 1876, opera raccontata da Daniela Grassellini