OPERE, TEMI, ARTISTI. COSTRUIAMO UNA MOSTRA VIRTUALE – Almina Dovati Fusi, Sovrapposizione n. 2, acquaforte, opera raccontata da Lucia Tongiorgi Tomasi

Museo della Grafica di Pisa (Palazzo Lanfranchi) 11 Maggio 2020

Almina Dovati Fusi, Sovrapposizione n. 2, acquaforte

 

I “robusti” fiori di Almina Dovati Fusi

La tradizione storica ha da sempre richiesto ai pennelli femminili di impegnarsi nella raffigurazione floreale e vegetale per doti innate di sensibilità e di raffinatezza, ma soprattutto per una presunta “femminil pazienza” che questi soggetti esigevano.

Nel panorama della pittura occidentale si può perciò individuare un vero e proprio fil rouge che a partire dal Seicento viene intensificandosi nell’Ottocento fino alla contemporaneità. Scorrono così numerosi i nomi di pittrici che si sono dedicate alla raffigurazione botanica, un genere che anche il Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi va da tempo considerando con attenzione e al quale ha dedicato esposizioni e corsi specifici che hanno riscosso notevole successo. Tra i nomi delle pittrici botaniche ricorrono quelli delle seicentesche Giovanna Garzoni e Maria Sibylla Merian, della settecentesca Elisabeth Blackwell fino all’affermazione, in età vittoriana e quindi nell’“Art Nouveau”, di una schiera di artiste sollecitate dalla diffusa passione florale che si esplicava nell’ampio spettro della poesia, delle arti figurative e di quelle decorative e industriali. Più consapevole e sostenuta da competenze scientifiche e dall’imporsi delle professioni di “botaniche-giardiniere”, di “allestitrici” e di storiche dei giardini, la presenza della pittura botanica al femminile nel secolo scorso.

A questa antica e consolidata tradizione Almina Dovati Fusi partecipa solo in parte con le sue acqueforti dedicate al mondo vegetale e ai fiori che le hanno offerto materia di reiterate esperienze. Questo perché nell’artista, originaria di Carrara, è presente, meditata e ininterrotta, l’austera tradizione pittorica novecentesca della Toscana tirrenica che aveva avuto in Lorenzo Viani un robusto e scontroso esponente. Una esperienza del reale che ella ebbe modo di approfondire presso l’Accademia fiorentina di Belle Arti, sotto la guida di Felice Carena e quindi con gli insegnamenti dell’incisore Francesco Chiappelli che la spinse ad indagare i misteri dell’acquaforte e dei severi rapporti chiaroscurali dei bianchi, dei grigi e dei neri.

Dopo il periodo bellico fino alla morte nel 1992, Almina Dovati Fusi si è dedicata ininterrottamente al disegno e, soprattutto, all’incisione, coniugando esiti di alta e contenuta poesia ad una consumata sapienza tecnica volutamente esplicata in rigorose “basse tirature”.

La sua vasta opera, conservata  negli originali presso il Museo pisano della Grafica, permette di esperire e godere di una vasta gamma di motivi e intrecci del mondo vegetale che, lungi da concessioni alla  fragilità e alla delicatezza,  si impongono per la tensione vitale e per il robusto impianto compositivo che costituiscono le cifre più suggestive dei fogli di questa artista che ha segnato, nel secolo breve, il panorama dell’incisone non solo italiana, ma europea.

Lucia Tongiorgi Tomasi

 

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Rivedi qui le opere pubblicate nelle settimane precedenti:   

Tono Zancanaro, Paolo e Francesca (Inferno, V), litografia su cartoncino bianco, 1966

   

“I fichi di Dante” di Antonio Possenti, opera raccontata da Maria Cristina Cabani   

Paolo Lapi, In campagna, acquaforte, 1979     

     

Furio de Denaro, Autoritratto, bulino, 1985 – Autoritratto, bulino, 1992

Franco Anichini, Santa Maria della Spina, acquaforte, 2012

Valerio Mezzetti, Exlibris, Omaggio a Carlo Lasinio, xilografia, 2007 e Galileo. Il gomitolo di stelle, xilografia, 2009