OPERE, TEMI, ARTISTI. COSTRUIAMO UNA MOSTRA VIRTUALE – “I fichi di Dante” di Antonio Possenti, opera raccontata da Maria Cristina Cabani
Museo della Grafica di Pisa (Palazzo Lanfranchi) 6 Aprile 2020
“I fichi di Dante” di Antonio Possenti, opera raccontata da Maria Cristina Cabani
“L’altro giorno, 25 marzo, uno dei tanti della triste clausura a cui il Coronavirus ci ha costretti, in tutta Italia si celebrava il Dante dì, la giornata nazionale istituita dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per celebrare Dante. Il 25 marzo è il giorno in cui Dante avrebbe iniziato il viaggio descritto nella Commedia: un giorno adatto, dunque, per celebrarlo. Chiamati all’appello, studenti, docenti, amatori, televisione e radio e tutti i mezzi di informazione si sono dati un gran da fare per leggere e commentare Dante, o per parlare di lui. Tutti volevano farsi sentire, o perché invitati o semplicemente perché desiderosi di farlo. È stato in quell’occasione che mi sono tornati a mente ‘I fichi di Dante’ del caro Antonio Possenti. Lui sì che sapeva prendere le cose con la dovuta distanza e con l’arma dell’ironia. Ambientata a Mulazzo, castello dei Malaspina, la scena raffigura, con grande energia di colori – tipica della pittura di Antonio – Dante e Francesco Malaspina che, più che in una conversazione piacevole, appaiono impegnati in una merenda a base di fichi. Le fattezze dei due non sono propriamente umane, ma Dante, ben riconoscibile, appare rilassato e soddisfatto nell’addentare un fico nero e di grandi dimensioni, in deciso contrasto con quanto recita la lunga didascalia che commenta il dipinto:
«Si racconta che Dante, ospite di Francesco Malaspina a Mulazzo, fosse particolarmente attratto dai gustosi fichi tipici del luogo, piccoli e dolcissimi. Secondo alcuni autori a quei frutti pare riferirsi il famoso frammento:
Soave ambrosia in così picciol sito
Per cui mi accingo a consolar gli affanni»
Al di là dei molteplici significati che alcuni frutti, ricorrenti nella pittura di Antonio, possono assumere e di quello attribuibile a un frutto atavico come il fico, il fascino di quel dipinto è per me tutto nel gusto per lo scherzo, nel cortocircuito che si crea fra testo e commento. Uno scherzo, ma uno scherzo dotto e un po’ irriverente. Dotto, perché la storia, del tutto incredibile, rispetta, seppur ironicamente, le regole fondamentali della verosimiglianza: Dante è stato davvero ospite dei Malaspina, i fichi della Lunigiana sono effettivamente piccoli e dolcissimi; irriverente perché non siamo abituati nel nostro immaginario a vedere un Dante gaudente e infantilmente goloso, consolato nel suo esilio dalla dolcezza di un fico. Allo spiazzamento che l’immagine crea di per sé stessa, si coniuga lo stupore di fronte a quel frammento “famoso”, inventato dal pittore, ma presentato con atteggiamento quasi da filologo, che celebra il potere taumaturgico della “soave ambrosia” sprigionata dal “picciol sito” (il fico), medicina ai duri “affanni” del poeta. Sarebbe stato bello, fra tante voci celebranti, sentire e vedere il suo delizioso sberleffo: rivedo i suoi occhi acuti e azzurrissimi farsi fessure mentre ride di cuore”.
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Il disegno preparatorio a “I fichi di Dante” di Antonio Possenti, che riporta la didascalia integrale dell’opera, è stato esposto nella mostra ‘Dantesca. Motivi e suggestioni nella grafica contemporanea’ (Museo della Grafica, 25 maggio – 2 settembre 2018)
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Rivedi qui le opere pubblicate nelle settimane precedenti:
Tono Zancanaro, Paolo e Francesca (Inferno, V), litografia su cartoncino bianco, 1966